Morrissey in concerto all’Obihall di Firenze con il tour che accompagna l’uscita di “World Peace Is None Of Your Business”. Ovviamente non potevo mancare!
Un artista, il Moz, geniale, rivoluzionario, dal sarcasmo pungente quando scrive e, ancor più, quando si esibisce dal vivo. Un nuovo album-capolavoro, “World Peace Is None Of Your Business”. Un piccolo grande tour che in Italia ha macinato sold-out.
L’ultimo incontro con il Moz aveva avuto luogo l’11 Luglio del 2012 alla Cavea del Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze. Morrissey dopo una lunga, lunghissima e (per me tormentata) assenza dall’Italia tornava nel Bel Paese per presentare il suo ultimo lavoro, “Years of Refusal”.
E di nuovo a Firenze, a distanza di due anni, ho “fatto visita” a Morrissey sotto il palco dell’Obihall, trovandolo in invidiabile forma, brillante, ironico, scanzonato ma mai frivolo, affettuoso con le prime file molto più di quanto non lo sia stato nel live del 2012 al Nuovo Teatro dell’Opera.
L’entrata sul palco di Moz è stata anticipata dalla proiezione di video di band e cantanti che hanno fatto la storia del rock, Ramones, Siouxsie, Nico, gli immancabili New York Dolls. C’era anche un Charles Aznavour magrissimo e burlone, scene di vecchi film in bianco e nero, spezzoni di video e immagini di avvenimenti storici, scontri tra polizia e manifestanti, festeggiamenti in strada per la morte della Thatcher al grido di Ding Dong! The Witch is Dead, qualche fotogramma con Neal Cassady.
Improvvisamente arriva lui. Un Morrissey che apre il suo concerto fiorentino con la frase “Firenziiii, hold on to your friendsiiii” (autocitandosi) non può che rassicurare il pubblico, il suo pubblico, preoccupato per il recente annuncio della malattia che affligge il cantante. Cancro.
L’intro di The Queen is Dead incendia in pochi attimi la platea e fa dimenticare tutto il resto. La malattia. I problemi con la casa discografica. Il litigio con Kristeen Young. I concerti cancellati. Le polemiche.
La scaletta del concerto all’Obihall ha toccato tutte le grandi tappe della carriera di Morrissey. Gli anni con gli Smiths, storici, grandiosi, indimenticabili (The Queen is Dead, How soon is Now?, Meat is Murder, Asleep); i primi passi da solista (Everyday is Like Sunday, Speedway); il ritorno al cantautorato d’eccellenza che mette d’accordo pubblico e critica (First of the Gang to Die, You Have Killed Me, I’m Throwing My Arms Around Paris).
Non mancano i pezzi tratti dall’ultimo lavoro, straordinario, di Morrissey, “World Peace Is None of Your Business“, ignorato dalle radio, penalizzato nella sua diffusione dalla promozione inadeguata, mestamente relegato nella nicchia della musica alternativa.
Sempre presenti i temi Morrisseyani. Il veganismo (“Don’t eat them, save them!”). Il male di vivere. La condanna alla solitudine. La riprovazione verso violenza e guerre. L’incomunicabilità col mondo esterno. La mancanza di empatia e sensibilità del genere umano. I maliziosi, ironici riferimenti all’Amor profano. Così si susseguono Staircase at the University, I’m Throwing My Arms Around Paris, Trouble Loves Me, World Peace Is None of Your Business, Earth Is the Loneliest Planet, Kiss me Alot.
Una trama musicale toccante lega le scene cruente della macellazione degli animali che scorrono accompagnando le note di Meat is Murder a quelle dei toreri mutilati, dilaniati e straziati dalle corna affilate dei tori che fanno da cornice a The Bullfighter Dies. Il pubblico vibra al suono delle urla di animali massacrati e vive il dolore di Morrissey che intona, digrignando i denti “The flesh you so fancifully fry/ Is not succulent, tasty or kind/ It’s death for no reason/ And death for no reason is murder”. Tori imbestialiti dalla violenza che fino ad allora sono stati costretti a subire senza ragione diventano metafora eroica della lotta all’oppressione quando squarciano con le corna i corpi dei carnefici. “Hooray! Hooray! The bullfighter dies, and nobody cries…”
La stessa trama si aggroviglia nell’esplorazione delle emozioni umane, della sofferenza inferta dal prossimo o autoinferta, della paura della morte che diventa desiderio, del bisogno vitale di amare ed essere amati. Morrissey abbraccia metaforicamente il mondo, stringendosi le mani sul petto e gridando “Nobody wants my love/ nobody needs my love”. Accarezza le mani delle prime file come un genitore amorevole ma, subito dopo, punta il dito verso il pubblico e ammonisce i presenti “Oh, you poor little fool/ Oh, you fool!”.
Il tempo scorre veloce. Morrissey esce dalla scena e, incitato dai fan, torna sul palco dopo essersi cambiato la camicia, che presto si strapperà di dosso lanciandola sulla folla.
Il momento dell’Encore è il più emozionante. Una versione delicata, intima, spirituale di Asleep non può che riportare alla mente la malattia del cantante, pensiero incombente che neanche l’ultimo pezzo della serata, Everyday Is Like Sunday, riuscirà a ovattare. Il Moz sorride ma cambia il testo originale “Hide on the promenade/ Etch a postcard:/ Oh Mama, How I dearly wish I was not even born!” e il suo saluto è un sincopato “Everyday is silent and grey”.
La scaletta completa del concerto di Morrissey all’Obihall – 21/10/2014
The Queen Is Dead
First of the Gang to Die
Staircase at the University
I’m Throwing My Arms Around Paris
Speedway
World Peace Is None of Your Business
How Soon Is Now?
Istanbul
Trouble Loves Me
Kiss Me a Lot
Neal Cassady Drops Dead
Meat Is Murder
The Bullfighter Dies
You Have Killed Me
Earth Is the Loneliest Planet
I’m Not a Man
(Encore)
Asleep
Everyday Is Like Sunday
Complimenti, post graditissimo e accompagnato da immagini stupende.
Anche io ero al concerto, attaccata alle transenne disposte sotto il palco, ed è stato emozionante poterlo ascoltare così da vicino, era la prima volta per me!
Penserò a quella serata con nostalgia.
Concerto fantastico! Io ero sulla balconata ma da sotto il palco… chissà che emozione! 🙂 Anche io ricorderò questa serata con nostalgia, almeno fino al prossimo concerto del Moz in Italia. 🙂 Quando viene, io ci sono!