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Cimitero acattolico di Roma: portare un fiore sulle tombe di Keats, Shelley e Gramsci

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Visitando Roma senza seguire i soliti itinerari turistici, ma, piuttosto, scegliendo di vedere la Capitale sotto prospettive originali e poco scontate, t’imbatterai nel Cimitero acattolico. Il Cimitero acattolico di Roma è un “luogo dell’anima”, che consiglio di visitare a chi ama gli itinerari e i viaggi alternativi.

Il Cimitero acattolico di Roma, situato nel quartiere Testaccio (nei pressi Porta San Paolo e della Piramide Cestia), fu istituito in seguito all’emanazione di una Legge Pontificia che proibiva a tutti i non-cattolici (ebrei, ortodossi, protestanti, etc.) ma anche ai suicidi (che, commettendo tale gesto, avevano rinnegato la fede cattolica) di essere sepolti in terra consacrata.

Conosciuto anche come “Cimitero protestante” o “Cimitero degli Inglesi”, il Cimitero acattolico di Roma accoglie le sepolture di numerosi non-cattolici stranieri e di alcuni italiani illustri, la cui storia personale fu segnata da esperienze che li resero, in un certo senso, “stranieri” nella propria Patria. E’ questo, per esempio, il caso di Antonio Gramsci e Dario Bellezza.

Come e perché nasce a Roma un Cimitero per i non-cattolici

Il luogo di sepoltura oggi conosciuto come Cimitero acattolico, inizialmente, sorgeva in uno spazio aperto, privo di recinzioni, nei pressi della Piramide Cestia, una tomba in stile egizio costruita tra il 18 e il 12 a.C. per ospitare le spoglie di Caio Cestio Epulone.

La sua apertura ufficiale, datata 1821 (durante il pontificato di Papa Pio VII), fu resa necessaria dal numero sempre crescente di stranieri in visita a Roma a partire dall’Ottocento e dal conseguente aumento di decessi di persone non cattoliche nella Capitale.

La sua struttura fu modificata in epoche successive e il Cimitero acattolico romano fu anche dotato di un fossato, costruito tutt’intorno al suo perimetro. All’epoca, inoltre, fu fatto divieto di utilizzare, all’interno del Cimitero, croci o iscrizioni, che fecero la loro comparsa a partire dal 1870.

Le sepolture “illustri” del Cimitero acattolico di Roma

Tra le prime lapidi posate nel Cimitero acattolico di Roma ci sono quelle del “dottor Arthur” (1718), di un viaggiatore inglese anonimo (1723) e di tale Langton, uno studente inglese di Oxford morto nel 1738 a seguito di una caduta da cavallo. A queste, le più antiche, ne seguirono tante altre, tra le quali si inseriscono le lapidi e i monumenti funebri di personalità di spicco nel campo letterario, scientifico, politico, artistico e diplomatico.

Fra le tombe di personaggi noti troviamo quelle dei poeti John Keats e Percy Bysshe Shelley, di August Goethe (figlio del celebre scrittore tedesco), di Carlo Emilio Gadda, di Antonio Gramsci, di Dario Bellezza, di Walther Amelung e del pittore russo Karl Brullov.

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La lapide sulla tomba di Goethe (figlio)
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La lapide sulla tomba del poeta John Keats
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La tomba di Antonio Grasmi nel Cimitero Acattolico di Roma

Particolarmente toccante è la scultura (conosciuta come Angel of Grief) posta sulla tomba di Emelyn Story. Tra le più ammirate del Cimitero acattolico, la sepoltura di Emelyn Story consta di un sarcofago sul quale un angelo, in preda alla disperazione, si accascia gemente. L’opera fu realizzata dal marito di Emelyn, lo scultore statunitense William Story, che morì poco dopo averla ultimata e oggi riposa insieme all’amata consorte nel Cimitero acattolico romano.

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La scultura dell’Angelo del dolore sulla tomba di Emelyn Story

Visita il Cimitero acattolico per “volgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba”

Il Cimitero acattolico di Roma si presenta ai visitatori come una distesa di spazi verdi contornata da cipressi secolari, dove “riposano” lapidi, sarcofagi e monumenti funebri appartenenti per la maggior parte a stranieri non cattolici: delle vere e proprie opere d’arte!

Le lapidi, incise in diverse lingue, ricordano i defunti e le loro vite terrene, permettendo a chi visita il Cimitero di stabilire un rapporto quasi personale e intimo con i morti che qui riposano.

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La tomba di Percy Shelley, uno dei più grandi poeti del Romanticismo inglese

Il fascino del Cimitero acattolico di Roma sta nel suo essere non un luogo di tristezza e di rimpianto, ma un omaggio monumentale ai cari estinti, dove ricordarli per quello che hanno rappresentato in vita. Questo aspetto solenne, lontano anni luce dal carattere mesto e disperato di molti cimiteri, è denotato anche dal fatto che fra il XVIII e il XIX secolo questo luogo venisse chiamato “prati del popolo romano” e fosse percepito come un luogo di svago e ritrovo.

Il poeta Henry James descrive il Cimitero acattolico come “una mescolanza di lacrime e sorrisi, di pietre e di fiori, di cipressi in lutto e di cielo luminoso, che ci dà l’impressione di volgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba”.

Se sei diretto a Roma, non sprecare l’occasione di visitare il Cimitero acattolico. Sul tuo cammino incontrerai anche placidi e sornioni mici che abitano il cimitero e la zona tutt’intono alla Piramide Cestia. La tomba monumentale di Caio Cestio Epulone, che già di per sè è in grado di immergerti in una (quasi) perfetta atmosfera egizianeggiante, fa da casa proprio all’animale sacro dell’antico Egitto: la Piramide ospita, infatti, una delle colonie feline più antiche di Roma.

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